Quartiere Nomentanto

[ms_heading style=”border” color=”” border_color=”” text_align=”left” font_weight=”400″ font_size=”36px” margin_top=”0″ margin_bottom=”0″ border_width=”5px” responsive_text=”no” class=”” id=””]Il Nomentano è fra i primi 15 quartieri nati nel 1911, e prende il nome di via Nomentana.[/ms_heading]

[ms_row][ms_column style=”1/3″ class=”” id=””]La costruzione iniziale risale alla fine del XIX secolo e all’inizio del XX. Negli ultimi decenni dell’800 la forte crescita urbanistica della neo nata capitale muto radicalmente il volto dell’aera suburbana dell’antica via consolare romana. Le ville patrizie che vi sorgevano allora erano immerse in vaste aree di campagna e vigneti. La febbre edilizia e l’aumento dei prezzi dei terreni che ne conseguiva toccò in particolare la zona della Nomentana e di Porta Pinciana (dal 1921 quartiere Ludovisi). Testimonianze di tale sviluppo sono evidenti soprattutto nella zona del Policlinico Umberto I., esso stesso completato nel 1902. A destra del piazzale di Porta Pia, il primo edificio che si incontra è il Ministero dei Trasporti e dei Lavori Pubblici, costruito dopo il 1911 in seguito alla demolizione della Villa dei Patrizi.[/ms_column][ms_column style=”1/3″ class=”” id=””]La sua lottizzazione fu prevista nel Piano Regolatore del 1885, dove nella mappa si descrive una planimetria dell’area che riporta il tracciato delle strade da realizzare e dei villini ed edifici che dovevano sorgere nel parco. Nel giro di pochi anni il fronte su Via Nomentana fu costellato dalla rapida costruzione di grandi edifici pubblici e di numerosi palazzi ad uso abitativo a danno delle aree verdi e dei parchi disseminati in quest’area. Nella parte più arretrata invece, ampi giardini cominciarono ad essere realizzati in funzione di cornice per villini dalle architetture eleganti, voluti dalle classi sociali più agiate, come il villino di Enrico Wille o Villino Durante su progetto di Giulio Podesti. L’esplosione della bolla immobiliare inseguito alla speculazione di quegli anni rallentò poi l’urbanizzazione della Nomentana, che riprese, soprattutto con l’impronta residenziale, nel Ventennio fascista e nell’immediato secondo dopoguerra.[/ms_column][ms_column style=”1/3″ class=”” id=””]Durante la Seconda Guerra Mondiale il quartiere fu obiettivo di aspri bombardamenti da parte delle forze alleate, in particolare di quello del 14 marzo 1944, ricordato come il terzo più grande sulla capitale per tonnellaggio e numero di vittime. Lo sviluppo edilizio del dopoguerra ha totalmente cancellato le cicatrici provocate dai bombardamenti. Altre tensioni all’epoca erano dovute alla ricerca da parte delle forze fasciste di ebrei dopo la promulgazione delle leggi razziali: il quartiere, infatti, ospita una vasta comunità ebraica nei pressi di piazza Bologna, con una sinagoga in via Padova.[/ms_column][/ms_row]

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[ms_heading style=”border” color=”” border_color=”” text_align=”left” font_weight=”400″ font_size=”36px” margin_top=”0″ margin_bottom=”0″ border_width=”5px” responsive_text=”no” class=”” id=””]Piazza Bologna[/ms_heading]

[ms_row][ms_column style=”1/3″ class=”” id=””]La piazza Bologna, dedicata al capoluogo emiliano, ha una forma circolare e ricopre una posizione centrale all’interno del quartiere Bologna-Nomentano; attorno ad essa, agli inizi del Novecento, si sviluppò un’area destinata alla borghesia medio-alta, caratterizzata da villini a quattro piani con pregevoli finiture architettoniche. L’avvento del fascismo da un lato consolidò l’impianto viario a stella (PRG del 1909), dall’altro mutò le caratteristiche architettoniche e la tipologia della popolazione insediata, con la creazione di edifici condominiali, aumentati con il notevole flusso migratorio in città nel secondo dopoguerra. A piazza Bologna si trovano l’ufficio postale realizzato nel 1935 da Mario Ridolfi e Mario Fagiolo, e la stazione Bologna della metropolitana di Roma (Linea B); da qui parte la diramazione B1 che conduce a piazzale Jonio. Piazza Bologna ha un importante ruolo nel romanzo Nucleo Zero di Luce D’Eramo. [/ms_column][ms_column style=”1/3″ class=”” id=””]Luce D’Eramo Nel suo percorso di scrittrice rimane fondamentale l’incontro nel 1966 con Ignazio Silone, al quale rimane legata per tutta la vita da un’amicizia umana e intellettuale, che la porta a pubblicare nel 1971 per la Arnoldo Mondadori Editore il suo saggio più impegnativo, un acuto studio critico-bibliografico su L’opera di Ignazio Silone, in cui esamina le resistenze della cultura italiana nei confronti di uno scrittore considerato in tutto il mondo come un grande del Novecento italiano. Negli anni della cosiddetta strategia della tensione, l’amicizia con Camilla Cederna la porta a interessarsi al caso Feltrinelli, sollevato dalla giornalista milanese riguardo alla versione ufficiale sulla morte dell’editore, saltato in aria – secondo la polizia – mentre minava un traliccio dell’alta tensione; in Cruciverba politico.Come funziona in Italia la strategia della diversione (1974), Luce d’Eramo consegna una tagliente analisi della stampa quotidiana sull’argomento.[/ms_column][ms_column style=”1/3″ class=”” id=””]Anche la sua vena narrativa tocca sempre argomenti scottanti e controversi, cercando percorsi di uscita dai mille condizionamenti materiali e mentali che imprigionano gli esseri umani, in direzione di una maggiore consapevolezza di sé e insieme di un’apertura allo sconosciuto e al diverso, per il superamento delle barriere che impediscono la partecipazione e la condivisione tra quanti vivono su questo pianeta sperduto nell’universo. Dopo il nazismo e la guerra nel già citato Deviazione e nei successivi Racconti quasi di guerra (1999), Luce d’Eramo racconta la lotta armata comunista degli anni di piombo nel romanzo Nucleo zero del 1981. Il suo libro più noto, il romanzo Deviazione, è diventato un best-seller, venduto in centinaia di migliaia di copie e tradotto in francese, in tedesco e in giapponese. Dal romanzo Nucleo zero, anch’esso tradotto in tedesco e spagnolo, il regista Carlo Lizzani nel 1984 ha tratto il film omonimo.[/ms_column][/ms_row]

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[ms_heading style=”border” color=”” border_color=”” text_align=”left” font_weight=”400″ font_size=”36px” margin_top=”0″ margin_bottom=”0″ border_width=”5px” responsive_text=”no” class=”” id=””]Università[/ms_heading]

[ms_row][ms_column style=”1/2″ class=”” id=””]La Sapienza – Università di Roma (già Università degli Studi di Roma “La Sapienza”), colloquialmente La Sapienza, è con 129.500 iscritti nel 2010 è la terza più grande università d’Europa e la quarantatreesima al mondo per numero di iscritti. A seguito della riorganizzazione del 2010, conta undici facoltà, oltre 60 dipartimenti, ventuno musei e più di cinquanta biblioteche. Nel 1935, al completamento dei lavori pianificati dall’architetto razionalista Marcello Piacentini, la nuova Città Universitaria viene inaugurata alla presenza del re e della regina. La città universitaria è stata fortemente voluta da Mussolini affinché anche la capitale d’Italia avesse il suo centro universitario, s’inquadrava nell’opera di restauro che coinvolse la città fino a tutto il secondo dopoguerra.[/ms_column][ms_column style=”1/2″ class=”” id=””]La LUISS – Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli – è un’Università autonoma, avviata tra il 1974 e il 1978 da una preesistente istituzione romana, la Pro Deo.Nel 1977 l’Università cambia ufficialmente il nome in LUISS — Libera Università Internazionale degli Studi Sociali. Un anno dopo, l’allora Presidente di Confindustria Guido Carli diventa Presidente dell’Università. Con i quattro Dipartimenti di Economia e Finanza, Impresa e Management, Giurisprudenza e Scienze Politiche, la LUISS offre un modello formativo avanzato, orientato a trasmettere non soltanto conoscenze ma ad “allenare alla flessibilità” giovani che possano diventare protagonisti del proprio futuro.[/ms_column][/ms_row]

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[ms_heading style=”border” color=”” border_color=”” text_align=”left” font_weight=”400″ font_size=”36px” margin_top=”0″ margin_bottom=”0″ border_width=”5px” responsive_text=”no” class=”” id=””]Stazioni ferroviarie[/ms_heading]

[ms_row][ms_column style=”1/2″ class=”” id=””]La stazione ferroviaria di Roma Termini costituisce il più importante scalo ferroviario della città di Roma, il maggiore d’Italia e il secondo d’Europa dopo Gare de Paris Nord per traffico passeggeri. La stazione è situata sul colle Esquilino e prende il nome dalle antiche Terme di Diocleziano. La nascita della stazione risale al 1860, quando fu presentato a Pio IX un progetto dal commissario generale delle Ferrovie pontificie. Fu aperta al pubblico nel 1863 con il nome di “Stazione Centrale delle Ferrovie Romane”, in concomitanza con l’inaugurazione del collegamento ferroviario di Roma con Ceprano e quindi Napoli. Nel 1867 continuarono i lavori per trasformarla in una vera e propria stazione. Questo determinò lo sbancamento del Monte di Giustizia, una collina di 73 metri, formatasi ai tempi della costruzione delle terme in seguito alla gran quantità di terra scaricata. In occasione dell’esposizione universale del 1942 si decise di dare un “volto” più moderno alla stazione accogliendo il progetto di Angiolo Mazzoni.[/ms_column][ms_column style=”1/2″ class=”” id=””]Con l’entrata in guerra dell’Italia e il collasso dello stato fascista, i lavori si dovettero arrestare. Dopo la Seconda Guerra Mondiale si decise di indire un concorso per il completamento dell’opera, vinto dagli architetti Montuori e Vitellozzi. La stazione venne infine inaugurata nel 1950. La nuova stazione, ossia quella attuale, si caratterizza esteriormente per la lunga sinuosa pensilina in cemento popolarmente chiamata “il dinosauro” la quale presenta un fregio astratto in alluminio di Imre Tot del 1954. L’accesso ai treni avviene tramite la “Galleria di gomma”, chiamate così per la particolare pavimentazione, è una strada pedonale trasversale che collega via Giolitti a via Marsala. La stazione di Roma Tiburtina nel 2011 è stata dedicata a Camillo Benso, conte di Cavour, nell’ambito delle cerimonie per i 150 anni dell’Unità d’Italia. La nuova Stazione Tiburtina è lo snodo principale per l’alta velocità sulla direttrice nord-sud. I frecciarossa in transito nella capitale fermano a Roma Tiburtina a partire dal giorno 11 dicembre 2011.[/ms_column][/ms_row]

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[ms_heading style=”border” color=”” border_color=”” text_align=”left” font_weight=”400″ font_size=”36px” margin_top=”0″ margin_bottom=”0″ border_width=”5px” responsive_text=”no” class=”” id=””]Villa Massimo[/ms_heading]

[ms_row][ms_column style=”1/3″ class=”” id=””]Villa Massimo era una delle maggiori ville suburbane situate lungo la via Nomentana di Roma. La tenuta si estendeva per oltre venticinque ettari ed era compresa tra la Villa Torlonia e l’odierna Piazza Bologna. La progressiva urbanizzazione della zona, avvenuta nella prima metà del Novecento, ha comportato la scomparsa di gran parte della proprietà. Le uniche aree che mostrano l’aspetto originario dei luoghi sono il parco dell’Accademia di Germania, il casino nobile e la pineta pubblica del viale di Villa Massimo. L’unico edificio della Villa Massimo che ha conservato le sue caratteristiche originarie, assegnabili alla prima metà del Settecento, è il casino nobile, sito in via di Villa Ricotti. Il fabbricato, a due piani e mezzanino, è formato da un corpo centrale sormontato da torretta belvedere e da due avancorpi laterali molto pronunciati, di cui uno con arcate pedonali.[/ms_column][ms_column style=”1/3″ class=”” id=””]La gran parte dell’appezzamento fu invece acquistato dal piemontese Giulio Ricotti, in proprio ed in rappresentanza del politico Sidney Sonnino e della ditta Rodocanacchi di Livorno. In quest’area più periferica, complice l’esplosione della bolla immobiliare, l’urbanizzazione andò a rilento protraendosi fino al secondo dopoguerra. Sul lotto di Ricotti, che comprendeva il casino padronale, si venne a creare una villa a se stante di quasi sei ettari con accesso dal vicolo di Pietralata (dove ora inizia la via di Villa Ricotti); mentre su quello di Sonnino, il finanziere Eduard Arnhold edificherà, su progetto dello svizzero Massimiliano Zürcher, un’accademia per gli artisti di nazionalità tedesca. Accademia Tedesca Roma Villa Massimo. Per tutta la vita, Arnhold subisce il fascino dell’Italia. Ben presto sviluppa l’idea di una casa per artisti tedeschi a Roma, dove gli artisti possano trovare nuova ispirazione attraverso lo studio dei modelli antichi.[/ms_column][ms_column style=”1/3″ class=”” id=””]Di fronte al rischio di naufragio del progetto a causa della burocrazia prussiana e dell’inasprirsi della situazione politica, Arnhold prende l’iniziativa autonoma di acquistare l’odierna Villa Massimo, allora al di fuori delle porte di Roma. Insieme con lo scultore Louis Tuaillon e l’architetto Maximilian Zürcher assume la direzione dei lavori per la costruzione degli edifici e del parco, per un costo complessivo che già allora si aggira sui 2 milioni di marchi e, ancora prima della sua ultimazione, nel 1911, regala la Villa al governo prussiano. Si riserva comunque il diritto di alloggio a vita e di codecisione nella scelta di tre borsisti. Oltre alla costruzione e alla donazione di Villa Massimo Arhold sostiene la fondazione della Bibliotheca Hertziana a Roma.[/ms_column][/ms_row]

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[ms_heading style=”border” color=”” border_color=”” text_align=”left” font_weight=”400″ font_size=”36px” margin_top=”0″ margin_bottom=”0″ border_width=”5px” responsive_text=”no” class=”” id=””]Policlinico Umberto I di Roma[/ms_heading]

Il Policlinico Umberto I di Roma, dedicato all’omonimo re italiano, è il policlinico universitario della prima Facoltà di Medicina e Chirurgia della Sapienza Università di Roma. Secondo ospedale pubblico italiano per capienza di posti letto (1200 circa), è stato iniziato nel 1883 per iniziativa dell’allora Ministro della Pubblica Istruzione, il celebre clinico Guido Baccelli, su progetto di Giulio Podesti e Filippo Laccetti.

La costruzione venne completata vent’anni dopo, e l’inaugurazione venne presenziata dal Rettore dell’epoca, Luigi Galassi, e dal Re a cui poi verrà dedicata la struttura.

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